IL DIFFUSO FENOMENO DEL PLAYBACK  (cioè "far finta di suonare"...)  
 

 

…specie tra  le orchestre da ballo.

Scrive amareggiato un lettore della provincia di Brescia

          Egregio Victor Solaris

          Ho appena riletto un suo articolo di qualche tempo fa sulle differenze tra dilettanti e professionisti. Rispetto senz’altro i suoi punti di vista e colgo l’occasione per elogiare il servizio informativo che lei conduce sulla rivista: …meno male che c'è. Vorrei solo un po’ di spazio per dire la mia sull’argomento.

          Faccio parte di un'orchestra da ballo di dilettanti (ognuno di noi ha un proprio lavoro full-time) e, in ogni caso, siamo costituiti in cooperativa e paghiamo tutto quanto di dovere ci compete. Come dire: cerchiamo di suonare con professionalità come se questo fosse il nostro unico mestiere e senza fare concorrenza sleale ad alcuno. Grazie alle basi midi e a quelle di Midi Songs in particolare, nel nostro piccolo riusciamo a ottimizzare il repertorio, a volte utilizzandole così come sono, a volte semplicemente per “estrarne” gli spartiti, specie quando si tratta di medley, …ovviamente per cantare e suonare dal vivo il più possibile.

          La mia critica, in buona sostanza, è questa: io faccio parte di un’orchestra  perché amo quantomeno suonare dal vivo il mio strumento personale, se dovessi utilizzare le basi facendo finta di suonare me ne starei a casa e mi cercherei un altro hobby. Per quale motivo tantissimi musicisti, autentici professionisti (forse la maggioranza), fanno tranquillamente ricorso al playback totale, cioè senza fare assolutamente niente dal vivo? Badi bene che parlo dei componenti di orchestre di grido i cui cachet sono dell’ordine di alcune migliaia di euro (n.d.r. segue una lunga lista di orchestre da ballo senz’altro professionali), che in tutta la loro performance fanno solo “scena”, ma non suonano una sola nota dal vivo?     

          Se loro prendono certe cifre per “non suonare” è giusto che io prenda una miseria, per farmi un “…... (bip) come una capanna” tirando il mantice della mia fisa? …Ovviamente la mia è una provocazione.

          Chi vuole farsi chiamare "musicista professionista" dovrebbe almeno “suonare” per meritarsi tale appellativo. Questi orchestrali “professionisti” non sono musicisti, ma “facchini” di attrezzature (perché a tale si riduce il loro compito) e farebbero meglio ad esercitare tale mestiere nei magazzini delle imprese di settori commerciali o industriali. In quei luoghi potrebbero usare almeno le attrezzature a motore fatte per il carico e scarico merci (muletti, etc) piuttosto che scaricare e caricare faticosamente sulle proprie spalle, gli strumenti, le casse e le “americane” … inoltre farebbero meno ore lavorative e starebbero con le loro famiglie più a lungo, evitando, tra l’altro, il pericolo della strada. Per fortuna i veri musicisti ci sono ancora, anche se sono una esigua minoranza poco conosciuta dal pubblico. Orchestre come quella di Pino Ferro per citarne solo una, ma ce ne sono tante altre, che suonano e cantano tutta la sera dal vivo facendo uno spettacolo che merita molto di più di quel poco che riescono a portare a casa.

          Chiedo scusa per lo sfogo ma certe cose mi fanno veramente rabbia.

          Grazie per l'attenzione.

          Lettera firmata

 

Risposta

Victor Solaris (rivista Midi Song)

Gentile lettore

           Prendo spunto dalla sua lettera/denuncia (che non è la prima) per dare una mia opinione del problema. Di più non posso fare e non credo sia proponibile una legge per obbligare chicchessia a eseguire obbligatoriamente dal vivo della musica “commerciale”, salvo quanto indicato nell’elenco delle rivendicazioni del Sindacato ESSEOESSE, ma ricordo che, in tal merito (l’albo dei musicisti), l’obiettivo è solo quello di porre un freno al vilipendio dell’immagine del musicista da parte di coloro che, non sapendo affatto suonare, mettono le mani su strumenti musicali in esercizi pubblici.

Per la verità una “leggina” ad incentivo della musica dal vivo già c’è, ma non ne viene affatto fatta rispettare da parte di chi ne ha l’obbligo (la “solita” SIAE) e forse è il caso di dire “meno male”, poiché è talmente rigida che le orchestre di cui lei parla cesserebbero di esistere e anche gran parte delle piccole orchestre dilettantistiche che utilizzano le basi.

La legge di cui le parlo (vedi sotto dpr 633/72) è quella di qualche anno fa sulla “defiscalizzazione” della musica dal vivo, cioè della esenzione dalla “imposta sugli intrattenimenti” che viene concessa a tutte quelle manifestazioni che fanno musica dal vivo per almeno il 50% del tempo di apertura del locale e con le eventuali basi usate esclusivamente in maniera residuale.

Si trattava di una legge, a suo tempo invocata dal nostro sindacato, per incentivare il ritorno dei gruppi dal vivo nelle discoteche, ma è stata male esposta e, così com’è, non ha affatto raggiunto lo scopo.

Parlammo della cosa su Midi Songs n. 98 del marzo 2002. Ebbene se questa legge fosse realmente rispettata i locali che utilizzano orchestre che suonano totalmente in playback pagherebbero oltre all’Iva anche la succitata tassa. …La conseguenza sarebbe che sui palchi delle balere vedremmo esclusivamente DJ e animatori!

 

 

          Ma torniamo alle sue considerazioni. Non posso che condividere il sentimento di rabbia che lei prova di fronte al diffuso fenomeno del playback totale, ma c’è di più, colgo anche l’occasione per denunciare che tantissimi capiorchestra/padroncini, pur di rimanere a galla con compensi bassissimi, non esitano a mettere sul palco dei poveri emigranti albanesi o giù di li, con tanto di divisa e con gli strumenti spenti, pagandoli con i trenta euro pattuiti per il facchinaggio. Ritengo che questa sia una cosa gravissima e ben farebbero questi ostinati padroncini a smetterla di tenere ostinatamente in piedi un’orchestra. Qualche gruppo di meno sul mercato non potrebbe che giovare alla attuale situazione di crisi diffusa.

          Ma, al di la delle polemiche, è anche doveroso prendere atto che il ricorso al playback nei locali da ballo sia diventata una esigenza di cui oggi difficilmente si può fare a meno, anche se spesso non si tratta di basi midi di supporto, ma dell’intero repertorio (con tanto di voci) registrato in una sala discografica più o meno economica. Non credo si possa addebitare la colpa di questo fenomeno ai musicisti professionisti: non riesco ad immaginare un vero musicista che ami far finta di suonare.

         Le dirò che, una ventina di anni fa, ho fatto anch’io le sale da ballo e ricordo perfettamente che si suonava per non più di quattro ore, e c’era un intervallo (…il “riposino”) di dieci minuti e anche più per ogni singola ora.

Ora non frequento più questo settore, ma mi hanno riferito che le ore del servizio siano passate a cinque e oltre, e di “riposino” neanche se ne parla, salvo che in occasione di “intermezzi” in cui c’è “qualcuno che presenta qualcosa al microfono” o quando, per esigenze della serata, c’è l’intervento del DJ. Non credo che un ritmo del genere possa essere artisticamente sostenibile, specie per dei professionisti che devono fare almeno una ventina di serate al mese, e, sinceramente, faccio persino fatica a credere che lei stesso, per quanto innamorato della musica e del proprio strumento, possa provare soddisfazione nel “tirare” il mantice della sua fisa per cinque ore di fila.

Ma vorrei dire qualcosa di più. Si è mai accorto lei che siamo arrivati a un punto in cui, al pubblico, interessa poco più di niente se i musicisti suonino o meno in playback? L’incultura musicale è oggi così generalizzata tra i frequentatori di sale da ballo che, fatte le consuete eccezioni, a mala pena essi riescono a capirne di musica quel tanto che basta per muovere piedi e, per giunta, sono diventati così presuntuosi da permettersi di disprezzare un’orchestra solo perché, ad esempio, esegue una mazurca brillante a tm. 140, mentre  il proprio livello di esercitazioni presso la scuola di ballo non è andato oltre tm. 120, come in genere si usa per i principianti. …”Quell’orchestra non è buona, non sanno suonare…”, dicono! …E’ vergognoso, …come mai siamo arrivati a tanto?

Sono convinto che si tratta di una conseguenza di ciò che, commercialmente parlando, si chiama “eccesso di offerta”. …Suonare è bello, ci si prova in tanti, si frequenta la scuola di musica e poi si fa di tutto per esibirsi, … anche per pochi soldi. …Poi l’elettronica ci ha dato una grossa mano: tanti ne approfittano per tentare di essere “ciò che non sono” e la gente comune, pian pianino, si è fatta la convinzione che suonare sia cosa facile, …alla portata di tutti, …non più impegnativo di ballare un valzer lento. In poche parole, l’eccesso di concorrenza ha fortemente “svalutato” il nostro mestiere.

Che fare? Come associazione sindacale si potrebbero iniziare un tentativo di recupero del pubblico promuovendo degli incontri con le associazioni degli insegnanti di ballo, affinché incomincino loro stessi un percorso di rieducazione civico/musicale dei loro allievi, facendo capire che la musica esiste perché esistono i musicisti e “suonare un fox” è molto più complesso di “ballarlo”. Ma il grosso della educazione musicale va fatto nella scuola pubblica. Fintanto che s’insiste con una metodica di tipo “museale” è ben difficile che gli insegnanti riescano a ottenere qualcosa di buono tra gli allievi delle elementari e delle medie. Tra gli obiettivi dell’ESSEOESSE c’è anche la riforma della scuola pubblica, affinché non sia prioritariamente orientata al classico, oltre, come detto sopra, all’albo o elenco speciale dei musicisti. Di più non saprei cosa suggerire. Piuttosto mi sento di consigliare, a lei e a tutti quelli che per hobby suonano nelle sale da ballo, di allargare un po’ i propri orizzonti musicali. Non ve lo ha detto mica il medico di suonare esclusivamente il liscio, cioè una musica che, diciamolo francamente, è abbastanza normale che sia utilizzata allo scopo tecnico di sostenere i passi dei ballerini. Rimboccatevi le maniche e datevi ad altri generi: il jazz, per esempio. Potreste trovare sfogo in tanti pub dove fanno solo musica dal vivo. Se è vero che non suonate per denaro, …non vi costerà nulla provare, …tranne che tanto studio ulteriore!

 

victor.solaris@aliceposta.it